Spesso, quando dico di lavorare nel mondo del marketing, mi capita di ricevere sguardi mesti e rassegnati seguiti da un laconico <<Ah!>>. Un po’ come se avessi appena detto che per vivere vendo la mia anima al diavolo.
Questa reazione nasce spesso dalla convinzione che il mondo del marketing sia corrotto, venduto, fatto di squali votati al vile denaro. E in parte è proprio così!
Ne abbiamo degli esempi tutti i giorni, quando vediamo emozioni profonde usate per vendere tubetti di dentifricio, post acchiappa-like che sfruttano le più grandi tragedie per portare traffico al proprio sito web, giornate mondiali per i diritti e crisi climatiche utilizzate per vendere prodotti all’interno di un subdolo circolo consumistico.
Ogni tanto penso che, se le proposte di legge a supporto di tali diritti avessero un voto a favore per ogni contenuto pubblicitario ideato sul tema, forse oggi vivremmo tuttɜ in un mondo migliore.
Eppure, nel marasma di questi contenuti, c’è spesso un risvolto positivo indiretto e spesso incidentale:
si pensi per esempio al Pride, dove solo 20 anni fa nessuna azienda avrebbe mai voluto vedere associato il proprio nome alla comunità LGBTQIA+ e oggi invece si fa a gara per diventare sponsor ufficiali sfruttando la nuova visione sul tema e allo stesso tempo contribuendo a “normalizzarlo”.
Sì, perché al di là del wakewashing imperante, a formare una cultura contribuiscono tanti fattori: l’ambiente in cui si vive, l’educazione ricevuta, i libri letti, i film visti e oggi, dove la maggior parte del nostro tempo lo passiamo sui social, anche i post e i contenuti pubblicitari che ci raggiungono.
Ma allora qual è il limite tra comunicazione e mero sciacallaggio?
La verità è che per ognunə di noi è differente, abbiamo sensibilità ed esperienze così diverse che tracciare un’unica linea per tuttə è impossibile, però una riflessione è sicuramente necessaria.
Tutti noi ci illudiamo di essere consumatori perfettamente razionali: acquistiamo solo dove il rapporto qualità prezzo è conveniente, non ci facciamo influenzare dalle pubblicità e “tanto lo sappiamo che ai saldi i prezzi sono gonfiati ad hoc”.
Eppure, siamo gli stessi che hanno in casa la friggitrice ad aria perché più salutare, lo spazzolino in bambù che aiuta il pianeta e la shopping bag arcobaleno per andare a fare la spesa.
Perché oltre che con la testa acquistiamo con la pancia, compriamo da chi ci sembra più simile a noi, affine ai nostri valori, degno della nostra fiducia e, di conseguenza, dei nostri soldi.
Conosco persone che non tornano più dal macellaio sotto casa perché hanno scoperto che è leghista e persone che si fanno chilometri per andare da lui perché sanno che ogni anno sotto Natale dona alla Caritas una parte degli introiti.
Allora come orientarsi in un mercato fatto sempre più di scelte emozionali?
Il consiglio che do generalmente allɜ miə clientɜ è quello di rimanere neutrali a meno che non si abbia una posizione talmente forte sul tema da non potersi esimere dal dire la propria ed essere disposti a perdere eventuali scontenti per questo ideale.
Facciamoci tre semplici domande:
Se la risposta è sì, complimenti! Hai appena trovato un valore imprescindibile per il tuo brand, da coltivare e comunicare a dovere per allinearti alla tua community!
Se la risposta è no, pensaci bene prima di sfruttare la fiammata di un contenuto virale sui social solo perché lo fanno tuttɜ. Potresti rimanere scottatə!
Articolo pubblicato il 27/11/2023